Tecnicamente la paura di guidare si definisce amaxofobia (da greco amaxos, che vuol dire “carro”) e colpisce circa il 7% della popolazione. È una fobia specifica e le persone che soffrono di un disturbo d’ansia quale la fobia specifica hanno livelli di vigilanza e attenzione superiore ai soggetti sani (White et al. 2009). Sono predisposti a porre una grande attenzione a tutti gli elementi e agli attori che interagiscono in un contesto o situazione. Nelle fobie situazionali, come la paura di guidare, l’oggetto fobico è in realtà complesso e imprevedibile, in quanto le proprietà della strada, il traffico, il tipo di veicolo, gli agenti atmosferici sono mutevoli. Essendo lo scenario così mutevole e dinamico, l’attenzione e il sistema di vigilanza sono continuamente richiamati da stimoli ritenuti minacciosi. Ciò stimola e mantiene attivo il sistema di attenzione e vigilanza.
La paura di guidare è piuttosto comune ed assume caratteristiche particolari che variano da persona a persona, sia per l’esordio, che per il numero e tipo di situazioni temute.
L’esordio della paura può variare. C’è chi ha sempre temuto l’idea di mettersi alla guida, e allora non ha mai neanche provato, c’è chi ha tentato, senza però riuscire a contenere l’ansia, e chi ha smesso di guidare a seguito di incidenti o esperienze traumatiche.
Le situazioni più comunemente temute riguardano gli orari di punta, il traffico, le autostrade, le svolte a sinistra, le immissioni. C’è chi ha paura a sorpassare, a guidare in montagna (tra salite e discese), e c’è chi evita i parcheggi in serie. Altri ancora guidano regolarmente ma temono la neve, la pioggia o la nebbia (Costa et al., 2018).
Per superare una paura come quella di guidare, bisogna essere disposti ad esporsi al rischio. È quanto è stato spiegato nel recente articolo di Costa e colleghi (2018) che descrive il paradigma alla base del trattamento tradizionale delle fobie, ovvero il paradigma di esposizione al rischio.
L’efficacia di una terapia di esposizione, non è l’assenza di paura, ma l’aumentata capacità di inibire la risposta emotiva (Craske et al., 2008). Ciò che si elimina non è la paura ma l’automatismo dell’associazione tra oggetto fobico e paura.
Un modo per applicare questo paradigma è l’uso della realtà virtuale (VR), che sta dando prova di essere uno strumento capace di migliorare la qualità della vita delle persone, dando modo di affrontare le proprie paure.
L’efficacia della realtà virtuale è riconosciuta a livello sperimentale (Costa et al. 2018; Wald & Taylor 2000). È stato infatti dimostrato che i setting virtuali risultano sufficienti ad innescare la reazione di ansia e agitazione controllata nelle persone con fobie specifiche (Mühlberger et al. 2007). Ciò significa che la realtà virtuale, che non è equiparabile alle situazioni reali, lascia un margine di libertà adeguato per poter mettere in pratica delle strategie per fronteggiare la paura.
La VR permette di controllare tutte le possibili condizioni di guida, compreso il meteo e il traffico, ed è quindi uno strumento ideale per apprendere e fare proprie le strategie di rilassamento che hanno lo scopo di spostare l’attenzione dallo stimolo fobico e allenare la persona a controllare e modulare la propria risposta emotiva nelle varie situazioni temute. Il vantaggio è proprio la possibilità di scegliere a quali e quante situazioni esporsi, predisponendo una gradualità modulabile e una personalizzazione ad hoc per ogni caso.
Di fatto, la paura è una funzione essenziale per tutti gli esseri viventi, poiché il sistema di vigilanza e attenzione è sempre portato ad identificare il rischio. È però possibile, attraverso tecniche di rilassamento, imparare una nuova risposta emotiva e comportamentale da sostituire allo stato di paura. In questo modo si inibisce e si interrompe la crisi di ansia o l’attivazione emotiva della paura in favore di un comportamento più rilassato, avendo la consapevolezza che la paura non è scatenata da un rischio effettivo e reale per la propria sicurezza.
In questo senso, apprendere e applicare alcune strategie (che sono finalizzate al controllo emotivo e alla regolazione del comportamento), permette di avviare quindi il processo di inibizione della paura, che può essere difficoltoso in situazioni reali. Questa è la ragione per cui spesso le terapie classiche si interrompono nella sua fase iniziale. Infatti, circa il 60% delle persone che hanno paura di guidare rifiutano - a prescindere - un trattamento se prevede l’esposizione alla situazione scatenante (Costa et al. 2018). L’uso della realtà virtuale può sicuramente aiutare le persone ad approcciare diversamente il problema e a ridurre i rischi di drop-out.
È possibile, quindi, migliorare la qualità della vita delle persone con la fobia di guidare, che spesso si vedono costrette ad evitare certe situazioni, limitando l’indipendenza e la socialità.
Riferimenti
Craske, M. G., Kircanski, K., Zelikowsky, M., Mystkowski, J., Chowdhury, N., & Baker, A. (2008). Optimizing inhibitory learning during exposure therapy. Behaviour Research and Therapy, 46(1), 5–27. https://doi.org/10.1016/j.brat.2007.10.003
Costa, R. T. D., Carvalho, M. R. D., Ribeiro, P., & Nardi, A. E. (2018). Virtual reality exposure therapy for fear of driving: analysis of clinical characteristics, physiological response, and sense of presence. Revista brasileira de psiquiatria, (AHEAD), 0-0.
Mühlberger, A., Bülthoff, H. H., Wiedemann, G., & Pauli, P. (2007). Virtual reality for the psychophysiological assessment of phobic fear: responses during virtual tunnel driving. Psychological assessment, 19(3), 340.
Wald, J., & Taylor, S. (2000). Efficacy of virtual reality exposure therapy to treat driving phobia: a case report. Journal of behavior therapy and experimental psychiatry, 31(3-4), 249-257.
White, L., Helfinstein, S., Reeb-Sutherland, B., Degnan, K., & Fox, N. (2009). Role of Attention in the Regulation of Fear and Anxiety. Developmental neuroscience, 31, 309–317. https://doi.org/10.1159/000216542