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29/12/2020

Trattare la dipendenza con la realtà virtuale. Da strumento ludico a terapeutico.

Si stima che la dipendenza da sostanze abbia una prevalenza nella popolazione generale (15-65 anni) fra 1,3% e 3%, con un’incidenza maggiore nell’epoca adolescenziale. Tra queste, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha classificato la dipendenza da tabacco come seconda causa di morte nel mondo e principale causa di morte evitabile, seguita subito dopo dall’alcol. Infatti, la dipendenza da queste sostanze compromette seriamente la qualità di vita degli utilizzatori, aumentando l’incidenza di patologie respiratorie, cardiache e psicologiche, senza considerare i danni indiretti derivati dal consumo di alcol come gli incidenti sul lavoro, episodi di violenza e incidenti stradali provocati dalla guida in stato d’ebbrezza.

Uno dei metodi più comunemente usati per trattare queste dipendenze è la Cue Exposure Theraphy (CET) (Hone-Blanchet et al., 2014), questa tecnica si basa sul concetto di condizionamento classico di Pavlov, una delle teorie fondamentali delle scienze comportamentali. L’obiettivo è diminuire il desiderio di assunzione della sostanza (cosiddetto craving) moderando la risposta condizionata a certi stimoli naturalmente collegati ad essa, come può essere una bottiglia di birra o un pacchetto di sigarette. L’esposizione continuativa a questi stimoli provocantori in assenza dello stimolo condizionato, ovvero la sostanza, neutralizza gradualmente il collegamento tra loro, con una conseguente diminuzione del craving e dell’astinenza.

Una delle tecnologie che ha subito un maggiore sviluppo nel campo terapeutico negli ultimi decenni è la realtà virtuale (VR), una tecnologia che permette all’utilizzatore di immergersi in un mondo virtuale (che può essere simile a quello reale o completamente diverso, come un videogioco) con tutti i sensi, o quasi, in base al grado di immersività. L’interazione con il mondo è generalmente resa possibile attraverso strumenti come controller, cuffie, visori per la VR, oltre che ad un computer in grado di gestire il software. Questa tecnologia, inizialmente ideata per l’utilizzo in campi simulativi e ludici, ha visto un graduale incremento d’interesse anche in campo terapeutico negli ultimi decenni.

Una delle tecniche risultate maggiormente efficaci in campo VR, è la Virtual Reality Exposure Therapy (VRET), un’implementazione della CET in ambiente VR. In molti casi, come ad esempio nella dipendenza da tabacco, la VRET ha avuto risultati comparabili alla CET tradizionale (Baumann et al., 2006), ma con il vantaggio di poter utilizzare un ambiente più controllato, naturalistico, e solitamente anche più divertente.

Ad esempio, nella VRET utilizzata nello studio di Girard e colleghi (2009) veniva chiesto di sbriciolare delle sigarette virtuali, con lo scopo di ridurre il craving in soggetti dipendenti da tabacco, questo studio ha registrato una significativa riduzione nel consumo di nicotina in sole quattro settimane di trattamento, oltre che un basso tasso di abbandono dello stesso grazie al tipo di compito utilizzato.

Allo stesso modo, in un simile studio condotto da Metcalf e colleghi (2018), è stata utilizzata la CET con la realtà aumentata (AR), un’alternativa simile alla VR che permette di interagire con elementi virtuali mischiandoli con quelli reali. In questo caso, in modo molto simile allo studio precedente, veniva chiesto a dei soggetti dipendenti da alcol o tabacco di colpire o calciare degli oggetti correlati alla loro dipendenza, come bottiglie di vino o sigarette, facendoli esplodere. La performance veniva anche classificata con un punteggio finale in modo da aumentare il coinvolgimento. Anche in questo caso, nel mese di durata dello studio, è stata rilevata una diminuzione dell’utilizzo di entrambe le sostanze, con benefici estesi anche in aree come l’autoefficacia.

Molti altri studi hanno ottenuto risultati simili, e i risultati incoraggianti derivanti dall’utilizzo della VR a livello terapeutico non si fermato alle dipendenze, ma si estendono anche a disturbi a disturbi da stress e fobie.

In generale, la recente disponibilità di svariati strumenti VR nel mercato consumer come l’HTC Vive o l’Oculus Rift e il conseguente sviluppo di diversi software facilmente accessibili ha favorito l’introduzione di questa tecnologia come strumento di supporto per diverse terapie, come quella cognitiva comportamentale.

Esistono ancora diversi limiti all’utilizzo di questa tecnologia come completo strumento di supporto ai metodi più tradizionali, che vanno dalla cybersickness provocata ad alcune persone nell’utilizzo dei visori, alla richiesta di un buon livello di competenze tecniche e disponibilità di software adeguati. Ad ogni modo questa realtà è più vicina di quanto sembri, e non è detto che tra qualche anno arriveremo a vederne un utilizzo sempre maggiore, magari fino a diventare uno standard.

  

Bibliografia

Baumann, S. B., & Sayette, M. A. (2006). Smoking cues in a virtual world provoke craving in cigarette smokers. Psychology of Addictive Behaviors, 20(4), 484.

Girard, B., Turcotte, V., Bouchard, S., & Girard, B. (2009). Crushing virtual cigarettes reduces tobacco addiction and treatment discontinuation. CyberPsychology & Behavior, 12(5), 477-483.

Hone-Blanchet, A., Wensing, T., & Fecteau, S. (2014). The use of virtual reality in craving assessment and cue-exposure therapy in substance use disorders. Frontiers in human neuroscience, 8, 844.

Metcalf, M., Rossie, K., Stokes, K., Tallman, C., & Tanner, B. (2018). Virtual reality cue refusal video game for alcohol and cigarette recovery support: summative study. JMIR serious games, 6(2), e7.

Ministero della salute, (31 gennaio 2013). Fumo. Salute.gov.it. Estratto il 9 dicembre 2020, da http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?id=53&area=Vivi_sano

Ministero della salute, (21 febbraio 2013). Alcol. Salute.gov.it. Estratto il 9 dicembre 2020, da http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?lingua=italiano&id=81&area=Vivi_sano

 

 

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